Da molti anni i big della moda scommettono sulle loro collezioni di cosmesi e profumi. E trasferiscono sulle confezioni l’identità dei loro marchi. Ma quali sono le differenze tra i brand specializzati nella cosmesi e i marchi della moda? Le risposte in un’inchiesta esclusiva, che fa il punto anche sulle prossime tendenze del luxury packaging
Se c’è un settore nel quale la crisi sembra una parola inesistente è quello del lusso.
Perché sono sempre di più nel mondo i consumatori dotati di un ricco portafoglio che dall’Europa all’America ai Paesi emergenti (Cina compresa, anche se non si può più definirla emergente visto quanto è ‘emersa’ al punto da dominare la scena internazionale dell’economia) possono spendere, e tanto, scegliendo il meglio. Anche e soprattutto nel settore della cura del corpo e della cosmesi. Il mondo del beauty che, come è stato fotografato prima dell’estate dal primo convegno dedicato a questo settore da Pambianco Strategie d’Impresa in partnership con EY dal titolo “La rivoluzione nell’industria della cosmetica – I nuovi trend e gli attori che stanno cambiando il sistema”, vale solo per la filiera italiana 15 miliardi di euro con un tasso di crescita media del comparto del 5%. “Il valore della bilancia commerciale del beauty – ha spiegato Fabio Rossello, presidente di Cosmetica Italia, associazione che rappresenta 500 aziende del comparto con 35mila addetti – è superiore a quello di mercati altrettanto importanti per l’Italia come lo è quello della pasta, degli yacht, dell’acciaio”. Il 57% dell’export cosmetico italiano, ricorda David Pambianco, Ad di Pambianco Strategie d’Impresa, è indirizzato verso dieci Paesi tra i quali (eccetto Hong Kong) non sono presenti i mercati asiatici. Quindi è proprio in questa area del mondo che si aprono le maggiori possibilità di crescita per l’industria della bellezza attraverso una crescita dimensionale delle aziende, operazioni merger and acquisition e soprattutto un filo diretto con il cliente. Quel filo che parte dalla qualità del prodotto (in particolare nel settore dell’alta gamma e quindi del lusso) ma non può trascurare sia i canali di vendita sia, e soprattutto, la sua ‘veste’. Ovvero il packaging. Perché, che siano comprati online – con il digitale che impatta oggi l’intero percorso di acquisto per il 36% come ha spiegato al convegno Elisabetta Taverna, responsabile italiana del settore Healthcare e Beni di Largo consumo di Google – oppure in una profumeria o un corner shop d’alta gamma, creme, profumi e rossetti devono conquistare subito il desiderio del consumatore. E farlo nel migliore dei modi possibili se è un consumatore del lusso.
Del resto quella del packaging di lusso è una sfida avvincente e anche molto promettente.
Secondo l’ultima ricerca di Smithers Pira, questo mercato è previsto in aumento del 19% entro il 2019 con volumi pari a ben 17,6 miliardi di dollari. Le aspettative di crescita del settore sono stimate in media del 4,4% all’anno fino al 2019 con tassi di aumento di circa il 3% annuo in Europa occidentale e in Nord America, del 6% nell’area Asia-pacifico e del 9% in America latina. L’ultimo rapporto di Altagamma in collaborazione con The Boston Consulting Group “True Luxury Global Consumer Insight” evidenzia che ben il 90% della crescita del settore è a carico di tre tipologie comportamentali: gli Absolute Luxurer, i Megacitier e i Social Wearer. Se i primi sono coloro che spendono di più per tali prodotti, raffinati ed eleganti, che contano per il 27% dei consumi totali, e i secondi sono i Millennials residenti nei grandi centri urbani, alla moda, con un peso pari al 17% sempre dei consumi totali, i cosiddetti Social Wearer sono particolarmente interessanti perché caratterizzati dall’attenzione alla sostenibilità sociale e ambientale.
Le strategie d’appeal
Ma quali sono gli elementi chiave del packaging del lusso e i comportamenti differenziati, nel comparto della cosmetica, tra i brand della moda che offrono anche creme e profumi e le griffe e le profumerie artistiche che fanno solo questo di mestiere? Secondo l’agenzia pubblicitaria J. Walter Thompson, che ha condotto un’attenta riflessione sul segmento all’indomani del Luxe Pack di New York, tre sono gli elementi chiave del comparto: innovazione, globalizzazione del design dell’imballo del prodotto e attenzione ai formati adatti al viaggio e in generale al movimento. Con i consumatori che chiedono un’attenzione particolare all’ergonomia del packaging tanto che l’interazione tattile dell’utente con il prodotto può addirittura alterare in positivo o in negativo l’impressione iniziale. E quando si tratta di prodotti cosmetici diventa strategico che il flacone sia facile da stringere con una sola mano senza generare movimenti innaturali per l’applicazione. Sul mercato del lusso, e in quello particolare del beauty, sottolinea Stefano Fiorini, sales director shopping & Luxury Divisions di Fiorini International, “si percepisce un ritorno al benessere nel senso che i clienti stanno cominciando ad avere più effervescenza dopo un periodo di pausa”. Da qui la spinta a elaborare nuove idee e nuovi prodotti e un sensibile ritorno al valore del made in Italy. Ma anche una differenza tra l’approccio al packaging da parte delle griffe internazionali della moda e i brand, come detto, specializzati solo nel beauty. I marchi che hanno anche un ramo d’azienda dedicato a profumi & C., aggiunge Fiorini, mantengono la loro brand identity del packaging trasferendola anche a questo settore. Viceversa i marchi puramente di profumi e cosmetica di lusso stanno investendo molto sul packaging per essere più ‘evidenti’.
Se il brand della moda è di per sé riconoscibile quello della sola cosmesi deve affermare la sua immagine creando un impatto visivo nuovo e più elettrico, immediato. Addirittura più lussuoso. In questo contesto, aggiunge Luca Meana, alla guida di Pusterla1880, c’è un approccio personalizzato di ogni gruppo che tende comunque da una parte a confermare la sua coerenza nel packaging e nella strategia di comunicazione e dall’altra a richiedere sempre di più un maggiore valore aggiunto sebbene ogni campagna possa cambiare in base alle scelte dell’art director. Rimane l’esigenza di un’altissima qualità della stampa e delle nobilitazioni accompagnata dall’aspetto dell’ecocompatibilità. Per il quale Pusterla1880 ha brevettato un packaging per le scatole rivestite che vede l’utilizzo del termoformat ricoperto da cartoncino colorato. Un sistema che permette di ridurre del 70% il consumo di plastica e consente anche la riciclabilità separata dei materiali. Quanto al settore specifico del beauty, in generale i brand della moda danno in licenza la parte cosmetica e profumeria anche se griffe come Chanel, Dior, il Gruppo Lvmh, Ferragamo, Hermes, lo fanno internamente per uniformare meglio l’immagine verso il consumatore anche per quanto riguarda il packaging.
La creatività e la realizzazione di un progetto di comunicazione per questi settori, aggiunge Emanuele Bandecchi, direttore marketing di Rotolito Lombarda e di Nava Press, vengono gestiti all’interno della stessa azienda da buyer diversi: buyer dedicati ai prodotti stampati per la linea cosmesi/profumi e buyer per il lusso/couture. Con questo tipo di organizzazione la stessa griffe si affida per la stampa di cataloghi, inviti, eccetera anche a diversi stampatori e questo fa sì che lo stampatore abbia, all’interno della stessa azienda, più buyer con i quali deve interagire. In altri casi, come la realizzazione di comunicazione corporate – riviste, house organ, bilanci o libri celebrativi – esiste invece un’unica persona di riferimento trasversale a tutte le organizzazioni. Nel settore della cosmesi/parfums, spiega sempre Bandecchi, la tendenza nella stampa dei prodotti dedicati alla cosmesi di alto livello è quella di dedicare una brochure a singoli prodotti destinati a clientela di fascia alta ma che richiedono l’impiego di finiture distintive: fustelle, lamine e confezioni eseguite artigianalmente. “Recentemente abbiamo stampato per un esclusivo prodotto cosmetico, una brochure cartonata e con labbratura in oro, la copertina è stata realizzata sovrapponendo tra loro diversi fogli di carta bianca con diversi livelli di fustella a formare una rosa, e, sempre per lo stesso brand, una brochure con il nome del brand e il contorno del flacone del profumo realizzati con filo da ricamo nero”.
Nel settore della couture c’è anche la tendenza a utilizzare supporti di stampa o tecnologie e finiture che simulano la pelle, trame di pizzo o la seta. Ermenegildo Zegna per esempio per il suo esclusivo catalogo Atelier, dedicato agli abiti uomo confezionati su misura, ha scelto una copertina realizzata in pelle. E che per il packaging della cosmesi di lusso ci sia una ritrovata attenzione alla qualità e all’innovazione di prodotto lo conferma anche Stefano Beretta, account manager di Palladio Group che oltre al core business della farmaceutica sta crescendo anche nel beauty. “Il gruppo L’Oreal, cliente ormai storico – spiega – è stata una grande ‘palestra’ per costruire un know how specifico fatto di ricerca di materiali, lavorazioni e finiture particolari, che oggi mettiamo a disposizione anche di altri clienti, piccoli o grandi, del settore, e altrettanto si può dire ad esempio di un’altra multinazionale come Revlon. Una recente significativa acquisizione, poi, è la linea Single Blade del marchio Proraso, dalla grafica molto raffinata e tecnicamente molto impegnativa”. Del resto, chiosa Beretta, “il mercato del cosmetico, dopo qualche anno di crisi in cui l’attenzione principale si era spostata dalla qualità del packaging al contenimento dei costi sembra da qualche tempo segnare un’inversione di tendenza. Ed è interessante notare che in parallelo anche il settore farmaceutico, per quanto concerne soprattutto prodotti da banco ed integratori, sembra guardare in qualche modo al modello del cosmetico, puntando a confezioni più elaborate nella grafica ed arricchite da lavorazioni particolari”. Come dire: il lusso che entra in farmacia…