Bagliori luminosi, finiture a specchio e materiali riflettenti irrompono ovunque. Tutto intorno a noi sembra volerci restituire la nostra immagine riflessa: stampati e oggetti di design, tessuti e pareti, finiture di ogni tipo. Lo si è visto anche all’ultima edizione di Viscom Italia, laddove l’effetto mirror è stato protagonista di molti stand. Una tendenza, quella del “be mirror”, che arriva da lontano
È un’epoca lucida e scintillante la nostra, che si esprime attraverso fulgori specchiati e dettagli luccicanti, superfici metallizzate e materiali che riflettono la luce, ne raccolgono i bagliori, la rimandano al nostro sguardo moltiplicandone la potenza. Tutto intorno a noi sembra farci da specchio: stampati e oggetti di design, tessuti e pareti, finiture e materiali, carte, accessori, arredi. Ovunque possiamo specchiarci perché il mondo è shiny, i materiali sono ricchi di pigmenti e hanno mille proprietà riflettenti. Indossiamo abiti ritagliati in tessuti illuminati dalla fibra ottica, borse in PVC, sandali con tacco a specchio, occhiali mirror effect. Ci trucchiamo con rossetti fluorescenti e ombretti lucidi come metalli, ci dipingiamo le unghie con smalti simili alla vernice fresca. In un continuo gioco di immagini laccate e fantasmagoriche, la moda ci restituisce il ritratto deformato e approssimativo del nostro corpo. Essere lucidi è un imperativo e non c’è nulla, nella nostra contemporaneità, che possa accontentarsi di un ruolo opaco. La parola d’ordine è: be mirror.
Mirror inspired
Come un occhio supplementare, lo specchio moltiplica le forme, ci svela e ci contiene al tempo stesso, replica la realtà, mostra l’infinito contenuto nel finito. Attraverso la chiave interpretativa dello specchio, possiamo capire meglio quest’epoca dominata dall’ebbrezza del selfie, l’autoscatto che replica all’infinito la nostra immagine e riflette tutti i nostri spazi esistenziali, compresi i più intimi e personali. Trasparenti e senza segreti, viviamo come esposti alla luce del sole, condividendo pensieri e desideri, ossessioni e vanità. Del resto siamo tra i pochi esseri viventi (noi e le scimmie) capaci di riconoscere la nostra immagine in uno specchio, e dunque ne facciamo uso e abuso. E se specchiarci è l’occasione per riconoscerci e intrappolare il presente, allora lo specchio non può non essere il mezzo di riconoscimento dell’ambiente nel quale siamo immersi.
Attraverso lo specchio
Come non pensare alle avventure di Alice nel bellissimo Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò, seguito di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, in cui la bimba attraversa uno specchio magico e comincia un viaggio meraviglioso in un mondo al rovescio, il regno del Sottomondo, nel quale incontra strambi personaggi che le fanno compagnia. Salvo poi accorgersi di essere finita in una dimensione — quella speculare, appunto — in cui le cose si svolgono all’opposto di come accade nel reale (ad esempio per avanzare si procede a ritroso). Sì, perché nel mondo rovesciato, dentro e oltre lo specchio, le leggi fisiche sono spesso sovvertite, invertite, deformate. Ed ecco che dopo un po’ il cerchio si chiude, e Alice preferisce tornare alla realtà.
Tratti e autoritratti
C’è qualcosa, come Alice insegna, che fa dello specchio uno strumento di introspezione e di inequivocabile verità: in esso vediamo il nostro volto che in natura non ci è consentito vedere. Non è un caso se, nella storia dell’arte, la scoperta dello specchio abbia coinciso con quella dell’autoritratto, l’affascinante rappresentazione di un proprio sé che sopravvive alla morte, sublime ricordo del mito di Narciso che si perde nella contemplazione della sua immagine riflessa nello stagno.
Specchi d’arte
Tanti, tantissimi artisti hanno intuito la potenza evocativa e simbolica dello specchio e si sono cimentati con la tematica della superficie riflettente, sfruttandone le possibilità sul piano visivo e tematico. Da Tiziano con la sua Donna allo specchio (1512-15) a Rubens con la Venere allo specchio (1615) fino al grandioso Ritratto dei coniugi Arnolfini (1434) di van Eyck nel quale un enigmatico specchio, posto al centro del quadro, rivela all’osservatore il rovescio della stanza, ma incombe anche come terzo testimone tra i due coniugi. Con lo specchio, e soprattutto col tema della donna alla toletta, si sono poi misurati Monet, Morisot, Bonnard, Picasso, Dalì, che hanno fatto dello studio della specularità un pretesto per poter dipingere volti e nudi, per giocare sull’inquadratura del corpo, includere lo spettatore nel dipinto, lavorare sulla perdita del riferimento spaziale, moltiplicare le superfici.
Selfie in formato Escher
A giocare sul concavo e il convesso, indagando sull’illusione di una realtà speculare fatta di sovrapposizioni, è stato Maurits Cornelis Escher (1898-1972), che ha studiato direttamente il tema dell’illusione generata sulle superfici. Con il celebre autoritratto, Mano con sfera riflettente (1935), Escher ha creato una concatenazione infinita tra ciò che l’autore disegna e ciò che è disegnato. Il soggetto che sta disegnando, l’artista stesso, è infatti riflesso in una sfera, la quale a sua volta, ne contiene un’altra e un’altra ancora, e così via all’infinito. Un’opera emblematica, costruita come un vero e proprio un vero e proprio selfie, a partire dall’inquadratura che, oltre al volto, riprende anche il braccio teso dell’artista a sorreggere la superficie riflettente.
Quadri specchianti by Pistoletto
Se c’è un artista che più d’ogni altro ha indagato le potenzialità espressive dello specchio, condensando la maggior parte della sua produzione su questo oggetto, quello è Michelangelo Pistoletto (1933), partito dall’esigenza di aprire un varco nella “opaca e impenetrabile barriera” della tela attraverso la superficie dello specchio. Famosi sono i suoi Quadri specchianti in cui applica su lastre d’acciaio lucidate a specchio figure fotografate, ritagliate e serigrafate così che lo spettatore possa riflettere nell’opera anche la sua immagine. Sempre pronto ad accogliere altre immagini, altre vite, altre realtà possibili, lo specchio di Pistoletto riflette qualsiasi cosa tranne se stesso e si manifesta come fondamento universale di ogni sviluppo organico. Per dirla con le parole dell’artista: “come gli individui provengono da una moltiplicazione di un’entità unitaria, il lavoro sullo specchio intende dimostrare come lo stesso principio e lo stesso processo siano validi anche per l’arte”.
Superfici high gloss
Vediamo ora lo specchio nel suo aspetto più ‘fisico’, come un materiale che parla ai nostri sensi e si offre alla vista. Ci chiediamo cioè che cosa sia una superficie riflettente, quali le proprietà della lucentezza, comunemente indicata con l’inglese gloss. Risultato di una distribuzione spaziale della luce sugli oggetti, la lucentezza è il fenomeno che dona alle superfici un’apparenza brillante nella quale, con qualche deformazione, ci possiamo riflettere. La percezione della lucentezza è legata a una serie di caratteristiche geometriche dei materiali, come la forma, la texture, la curvatura, infine la rugosità. Una superficie perfettamente liscia e priva di difetti riflette la luce incidente in maniera uniforme ed è perciò altamente riflettente. In altre parole vuol dire che quando una radiazione luminosa colpisce una superficie perfettamente lucida avremo una perfetta riflessione del raggio luminoso. Se il materiale è rugoso, la radiazione verrà riflessa in più direzioni, e allora ci troviamo davanti all’opaco. Va detto ancora che la lucentezza dipende molto anche dal colore, la cui intensità ne può far mutare la percezione. Fateci caso: confrontate una borsetta di pelle lucida nera con un’analoga borsetta bianca. Quella nera, sembra sempre più lucente. Non è tutto: la sensazione di lucentezza è legata anche alla qualità dell’immagine che si forma per riflessione sulla superficie. Più il riflesso è nitido, più siamo portati a interpretare la superficie come lucida.
Effetti di lucentezza e specularità
Cerchiamo ora di capire, per sommi capi, come si ottengono gli effetti di specularità. Se non si dispone di carte specchio, la stampa a caldo è sicuramente la tecnica più adatta per avvicinarsi all’obiettivo, arricchire il supporto con colori a specchio, effetti che riflettono la luce, esaltano dettagli e restituiscono agli stampati quelle qualità sensoriali che ne accentuano la forza comunicativa. “In cartotecnica non possiamo parlare di effetto specchio vero e proprio”, dice Marco Gaviglio, Business Manager di Luxoro, “che non è facile da ottenere, se non attraverso un processo di metallizzazione, possiamo soltanto ‘avvicinarci’ all’effetto specchio. E anche se i prodotti Kurz nascono già un po’ riflettenti, va detto che per ottenere l’effetto specchio occorrerebbe un supporto completamente liscio e piatto. Se non c’è questa variabile, possiamo parlare soltanto di riflessi ottenibili attraverso un livello di metallizzazione molto alto e non propriamente di un supporto nel quale ci si può specchiare. Perché ci si possa davvero vedere riflessi, dovremmo mantenere il poliestere sopra un accoppiamento tra cartoncino e laminati, solo in questo caso dalla parte dove c’è il poliestere la luce si riflette e si produce lucentezza”.
Specchio specchio…
Laminazione con film, laminazione senza film (transfer) e metallizzazione sottovuoto diretta sulla carta sono i tre processi attraverso cui si ottiene l’effetto specchio. “Nel primo caso”, ci spiega Fausto Vicinanza, presidente di Italbond, “si applica un adesivo su un film metallizzato (film di poliestere o polipropilene) e poi lo si accoppia alla carta o al cartoncino; nella laminazione senza film, prima di essere metallizzato, il film viene spalmato con una particolare lacca che impedisce al metallo di legarsi al film. Nel successivo processo di laminazione, si stende un adesivo sul lato metallo del film e lo si applica sulla carta/cartoncino. In ultimo, si rimuove il film e lo strato di metallo resta ancorato al supporto conferendogli un ottimo effetto specchio”.