L’Out-of-Home è sicuramente il settore maggiormente colpito dagli effetti della pandemia. Ciononostante, proprio in seguito ai mesi di lockdown, le persone sembrano fare più attenzione alla comunicazione outdoor. La sfida è scegliere metodi di comunicazione non convenzionali, che puntino a creare empatia.

Non è un mistero che il settore dell’Out-of-Home sia stato uno dei più colpiti dalla pandemia.

Secondo i dati forniti da UNA, GroupM e Publicis Media nel 2019  la stima degli investimenti pubblicitari toccava gli 8,8 miliardi di euro; il 2020 ha visto una significativa diminuzione degli investimenti, stimata al 17,4%, che ha portato il valore di mercato ad abbassarsi a 7,2 miliardi di euro. Un dato che già nel 2021 si prevede torni a salire (+12%) quotando il mercato a 8,1 miliardi di euro. A soffrire maggiormente degli effetti della pandemia, sono il cinema (-53,8%) a causa delle chiusure imposte alle sale e allo stop di molte produzioni a causa del Covid-19, l’OOH (-34,4%) e la stampa, suddivisa tra quotidiani (-27,4%) e periodici (-26,3%). A reagire meglio sono il digital (-12,1%), la tv(-18%) e la radio (-20,1%).

Nonostante la battuta d’arresto, la comunicazione Out-of-Home continua a svolgere un ruolo rilevante nella vita di ciascuno di noi.

Anzi, stando alla recente ricerca di Posterscope nel Regno Unito, circa due terzi degli intervistati (sei persone su dieci) dichiarano di aver stabilito un legame emotivo più forte con l’ambiente esterno in seguito alla pandemia. Il report, intitolato The Mobility Mindset, suggerisce anche che questa ritrovata positività nei confronti dell’ambiente esterno stia provocando un effetto a catena sulla fiducia delle persone nei confronti della pubblicità OOH.

Questo apprezzamento nei confronti dell’ambiente che ci circonda e della comunità di cui facciamo parte sembra essere particolarmente elevato tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni (62%), gli abitanti di aree urbane metropolitane come Londra (68%) e chi lavora da remoto (68%).

Il 40% degli intervistati ha anche dichiarato di sentirsi maggiormente connesso ai marchi rispetto al periodo precedente alla pandemia, soprattutto quelli che continuano a essere proattivi nonostante i tempi incerti (40%). Essendo la pubblicità parte del tessuto urbano quotidiano, la presenza di un brand sulle facciate dei palazzi e sulle pensiline dei mezzi aiuta a renderli più familiari (42%).

Secondo Glen Wilson, amministratore delegato del gruppo Posterscope, questo accresciuto senso di consapevolezza ha permesso alla pubblicità di recuperare un senso più profondo, aumentando la sua capacità di creare connessioni emotive tra le persone e le aziende.

Pur considerate le mille difficoltà, quindi, la comunicazione Out-of-Home continua ad essere rilevante e, anzi, si adatta al contesto in cui viene prodotta, cercando di lanciare messaggi positivi e creare empatia con gli utenti.

Un buon esempio di comunicazione di questo tipo arriva da JCDecaux Australia che, in collaborazione con l’associazione per la prevenzione dei suicidi R U OK?, ha lanciato un’iniziativa volta a sensibilizzare il pubblico in merito all’importanza della salute mentale.

La campagna si compone di pannelli interattivi che utilizzano il riconoscimento vocale per attivare le risposte sullo schermo. Gli utenti vengono attirati da una decalcomania stampata sul pavimento in corrispondenza del pannello, sul quale appare la domanda: “R U OK?” (Stai bene?). Il pannello ascolta la risposta e suggerisce una serie di frasi da dire a chiunque (che si tratti di amico, familiare, collega) che dovesse rispondere negativamente alla domanda.

A volte anche strappare un sorriso può fare la differenza. Ci ha pensato l’azienda britannica Emily. Il produttore di snack vegetariani aveva programmato il debutto nell’outdoor advertising proprio nel periodo del lockdown. Anziché rinunciare alla campagna o ripiegare su un inflazionato “restate a casa”, l’azienda ha adattato la campagna pubblicitaria già prevista, per prendersi in giro sul pessimo tempismo. Uno dei poster, per esempio, recita: «Questo è il nostro primo lancio pubblicitario e a vederlo saranno solo un runner e un piccione».

Un’altra azienda che ha giocato sull’ironia per stabilire una connessione con gli utenti è Bumble, nota app per incontri online. I cartelloni pubblicitari apparsi per le strade del Regno Unito negli scorsi mesi fanno tutti riferimento a un mondo “romantico” post-Covid. Alcuni messaggi recitano: «Potrai raccontare ai tuoi nipoti che vi siete conosciuti quando baciarsi era illegale» oppure «Trova un ribelle che si lavi le mani».

Per promuovere un’informazione trasparente in un periodo in cui siamo sovraccaricati di informazioni (in molti casi parziali o inesatte), la rivista The Guardian ha recentemente lanciato una sorprendente campagna OOH nelle città di Dublino e Berlino, nel tentativo di incentivare gli abbonamenti al The Guardian Weekly, la sua rivista internazionale. Per farlo ha ingaggiato l’artista Rafael Alejandro che ha creato tre poster “surrealisti”, ciascuno legato a un macrotema considerato altrettanto surreale: la pandemia di coronavirus, Donald Trump e l’emergenza climatica. I tre poster sono accompagnati da tre frasi “Il mondo è… ‘confuso’, ‘assurdo’ o ‘in crisi’, e dallo slogan della campagna che recita ‘Trova chiarezza’.

Insomma, non è impossibile attirare l’attenzione del pubblico, purché si scelga di farlo con messaggi non convenzionali, che più che stupire, punti a creare una connessione con chi osserva.