Progettate per coinvolgere, farsi vedere e raccontare, rimanere impresse nella memoria di utenti ormai connessi 24/7, le nuove piattaforme crossmediali dell’out of home aprono spazi a mercati inesplorati e stimolano la collaborazione tra aziende e amministrazioni locali per creare una rete di ‘utilità sociale’
Nelle smart city non si è mai soli, stiamo sempre comunicando, e la pubblicità si prepara a prendere il meglio di una rivoluzione che è soprattutto digitale, ma anche fisica. E se da un lato la fretta e la quantità di stimoli possono distrarre i consumatori e rendono più arduo catturarli, dall’altro materiali innovativi, la tecnologia, la creatività e una personalizzazione sempre più spinta consentono di raggiungerli ovunque, anche quando sono in movimento. C’è un’alleanza tra il segmento out of home, le reti digitali e metropoli sempre più vivaci, in costante trasformazione e orgogliose del proprio brand come marchi di alta gamma. Le capitali cambiano volto e contribuiscono a riaccendere una raccolta pubblicitaria non sempre in ottima salute. L’eccezione trainante è costituita proprio dal digital out of home, in crescita grazie alla capacità di segmentare e colpire un pubblico molto variegato e per merito di una capillare distribuzione degli impianti, cresciuti a livello mondiale di ben sette volte in otto anni. Di qui l’interesse dei gestori per i supporti outdoor, con investimenti di centinaia di milioni per tenere desta l’attenzione di consumatori immersi in territori pieni di pannelli, segnali e annunci di tutti i formati. È nelle città (per ora le più grandi, ma presto toccherà ai medi capoluoghi di provincia) che le aziende trovano il terreno più fertile per sfruttare le innovazioni tecnologiche, tanto che le campagne sono progettate per coinvolgere, farsi vedere e ricordare, complice la diffusa multimedialità che ha negli smartphone un partner di valore incalcolabile. Gli impianti, che sono collocati nei luoghi di maggior transito, intercettano residenti e pendolari, spuntano dai mezzi di trasporto e dall’arredo urbano, occupano le pensiline e addiritture le biciclette a noleggio. Il supporto digitale combina l’attrattività dell’out of home con la flessibilità e la diffusione delle reti mobili, ed è quindi il modello del futuro.
Città in movimento
Al punto che William Eccleshare, presidente e ceo di Clear Channel International, si spinge a sostenere che “la pubblicità outdoor renderà le nostre città dei luoghi migliori: è efficace nel far conoscere i brand più noti e prestigiosi e assicura una parte dei fondi necessari per far funzionare i trasporti pubblici, la viabilità, il decoro urbano, in sostanza la stessa qualità della vita delle persone che abitano in città”. Precisando che “le città devono diventare i nuovi motori dell’economia e della creatività, e la pubblicità può contribuire a rendere sostenibile lo sforzo per migliorare il contesto dello spazio urbano”. Gli impianti outdoor, in mezzo al traffico e con l’occhio all’orologio, stanno trasformando gli stessi messaggi pubblicitari. Il tempo per il contatto è limitato e quindi bisogna andare subito al sodo: oltre le dieci parole il consumatore (che guida, pedala o cammina in fretta, spesso mentre digita sullo smartphone) ce lo siamo già perso… letteralmente per strada. Il successo dell’OOH dipende dal mix di velocità ed efficacia: le tradizionali affissioni cedono il passo agli arredi urbani (pensiline, chioschi, servizi), ai film decorativi per i mezzi pubblici come taxi, autobus o metropolitane, all’ambient media, ai video a messaggio variabile. Mentre la tecnologia si attrezza, il digitale cambia la percezione della pubblicità nell’area cittadina: non sarà più un’invasione di spazi ma un sistema interattivo, con gli arredi che creano spazi sociali, con le auto e bici elettriche a noleggio che migliorano la mobilità stradale, le reti wifi integrate con cui navigare. Fino all’uso dei pannelli per informazioni di sicurezza o di allarme, ricerca di bambini scomparsi, calamità naturali, emergenze come incendi o terremoti o banali blocchi del traffico. Questa sarà una città davvero smart.
Bici, metropolitane o rifiuti: le affissioni si alleano al territorio
Qualche esempio? Il mondo ormai ne produce a getto continuo. A Dublino la pubblicità sostiene il progetto di trasporto pubblico su due ruote, che favorisce ambiente e salute, e lo spazio nei posteggi si verifica via cellulare. Sempre in Irlanda, affissioni in prima fila per sovvenzionare la raccolta dei rifiuti, con l’installazione di 400 contenitori a energia solare collegati via web. A Londra le panchine intelligenti ospitano messaggi pubblicitari e prese per ricaricare telefoni e tablet con wifi gratuito, mentre ci si riposa e si socializza. Ancora a Londra, un brand di energy drink ha distribuito bottiglie gratis con un chip che regala un viaggio in metropolitana, mentre sulle pensiline dei bus una casa farmaceutica sponsorizza messaggi sullo stato del polline, un servizio molto apprezzato dai cittadini allergici. Insomma, le città connesse offrono grandi opportunità all’out of home, che avrà accesso a dati di localizzazione in tempo reale, e nel 2020 il web conterà su 25 miliardi di connessioni tra cose e persone. Inoltre, le media company potranno garantire ai clienti un’esperienza personalizzata, quasi unica, ricevendo in cambio profilazioni accurate e preziose. E con il marketing connettivo basterà sapere dove sono i clienti target. Parte la grande sfida per reinventare la pubblicità delle nuove generazioni. Fantascienza, ma anche già realtà.
Lo spazio urbano cambia pelle e si vede attraente
Il design fa più rumore delle parole. E nelle città le scelte urbanistiche sono il ‘megafono’ migliore per trasformare le idee in realtà. Che cosa possono fare quindi le arti visive per la comunicazione delle aree metropolitane e del loro brand? Ala-Assoarchitetti è in prima fila nell’osservare e ‘immergersi’ nelle tendenze attuali e future, riflettere su come comunicano le città del terzo millennio e quali progetti possano rendere più attrattivo il territorio urbano. Che cosa emerge lo chiarisce l’arch. Giovanni Vencato, responsabile della comunicazione e del centro studi di Ala- Assoarchitetti. “L’immagine è fondamentale per trasmettere l’identità della città e per ‘venderla’ come un prodotto il cui successo si basa sul carattere”, spiega. “C’è un nesso tra la presenza di tratti creativi e innovativi e l’aumento del valore, dell’appetibilità e della visibilità di certe porzioni del territorio. Un tempo si potevano costruire città ideali, pensate da zero, oggi siamo nella cultura del frammento, dentro le mura non c’è più un’identità sola e occorre reinterpretare l’espansione: cambiare interpretando i cambiamenti. La comunicazione è necessaria perché trasmette informazioni, sia urbanistiche che culturali e sociali.”
La creatività porta reputazione e genera un contesto di qualità
Le città divengono più attrattive se riqualificano e rendono disponibili strutture materiali e immateriali dalle quali ricavano un premio fatto di reputazione. Le aree metropolitane con alte concentrazioni di creatività, di innovazione, arte e tecnologia mostrano un livello più forte di sviluppo economico grazie a una ‘classe creativa’ che favorisce la formazione di un ambiente urbano aperto, dinamico, personale e professionale. Quando si riqualifica la città prevedendo una pluralità di luoghi culturali e di incontro, si pongono le basi per una migliore comunicazione di sé come brand, e quindi per una prosperità a lungo termine. Valorizzare le energie creative e il talento genera città più aperte e competitive, secondo le logiche della knowledge-based economy. Bastano due esempi europei: la Bilbao che nel 1990 inaugurò il Guggenheim Museum pensando all’arte ma anche a come attrarre forti investimenti, o la Berlino che dalla caduta del Muro è diventata la città europea più vivace, grazie al fermento culturale e alla sensazione di contribuire a dar vita a qualcosa di nuovo. Temi centrali per la politica, la finanza, gli urbanisti, i creativi e anche la pubblicità. Restando in Italia, l’autorevolezza che Milano sta conquistando negli ultimi anni viene dai cantieri, dal fermento culturale, dalla moda, dall’arredamento, dal digitale. Spiccano Porta Nuova con i suoi nuovi spazi urbani, o i centri culturali creati un po’ ovunque: su questo lavorio si sono innestati interventi infrastrutturali che stanno cambiato volto allo skyline e a tutto il tessuto sociale. Ma questo orgoglio di essere tornata al centro dello sviluppo è un modello replicabile anche nelle città piccole e in altre aree metropolitane italiane? Forse non ovunque, ma i vantaggi della comunicazione – di cui la pubblicità OOH fa senz’altro parte – nascono da qui: attrarre le professioni creative disegnando un paesaggio urbano stimolante, per entrare in contatto con la parte più attiva del mercato consumer.
Valorizzare quello che funziona per trasmettere segnali di stile
“Milano sta cambiando pelle soprattutto grazie all’esperienza di Expo, che ha concentrato le energie su un obiettivo: farsi trovare pronti, comunicare la città e le sue trasformazioni”, spiega Paolo Righetti, architetto progettista e docente di Architettura ed Emotional design all’Università Cattolica. C’è voluto un bel po’ per far bollire un pentolone di spazi, progetti, riflessioni e risorse in gran parte private, ma la programmazione ha tenuto, la politica non si è messa di traverso e oggi i risultati sono visibili e concreti, Un progetto di città c’era, col chiaro obiettivo di renderla attrattiva perché valesse la pena di investire e richiamare nuove risorse. “Una specie di patto sulla qualità della vita che va fatto pensando a come le persone abiteranno la città: istruzione, benessere diffuso, sicurezza, efficienza ma anche bellezza. Un orgoglio condiviso che si deve nutrire pure di comunicazione positiva”, aggiunge Righetti. “Non nascondere i problemi però valorizzare ciò che funziona: l’ambiente urbano, la vitalità, i segnali di stile che trasmette e che fanno dire agli stranieri che a Milano ci sono i negozi più belli del mondo.” Milano vicina all’Europa, insomma, come cantava Dalla. E il processo sta continuando, le risorse arrivano e la gente percepisce il miglioramento: i grattacieli crescono, si sistemano cose ferme da tanto tempo, anche i giardinetti sotto casa, la vernice nuova nei mezzanini della metropolitana, perfino qualche periferia si rifà il trucco. In questo contesto anche la pubblicità outdoor fa la sua parte nel contribuire all’offerta della città, a farla sentire viva, attiva, ricca di eventi, partecipata, a convogliare le energie anche attraverso la rete. “Come piazza Gae Aulenti, il simbolo del rinnovamento e oggi uno dei principali luoghi di aggregazione: un successo”, precisa, “che non è nato così per caso, ma è stato costruito, cercato. E questo sta influendo anche sul valore economico delle aree: fino a ieri i prezzi crollavano allontanandosi dal Duomo, ora i poli di attrazione sono multipolari e dipendono da ciò che vi nasce e sanno trasmettere. Cambiano la fisionomia, l’economia dei quartieri, e non è un processo scientifico ma l’effetto di estetica, funzionalità e attitudine positiva.”
Tecnologia, immagine e ambiente e… la rivoluzione dei nuovi materiali
Va detto che anche l’innovazione ha effetti dirompenti: non solo per l’interazione tra reti digitali, ma anche per il ricorso ai nuovi materiali. Ad esempio i committenti chiedono per gli edifici soluzioni a elevata sostenibilità energetica dentro e fuori, ma anche di usare le facciate per trasmettere un’immagine trendy e vincente. L’architettura stessa fa ricerca e comunica novità, come l’utilizzo “a contrasto” di materiali antichi e moderni, dal marmo al vetro e alla plastica, sempre ad alta tecnologia. Un modello che integra l’evoluzione con la tradizione e l’artigianato italiano, e che emerge soprattutto nelle aree ex industriali oggi ricondizionate per uffici e co-working, con spazi destrutturati e molto cool che mescolano strutture scabre e finiture hi-tech e richiamano i big della moda, dell’editoria, del design. Se nella rincorsa al nuovo emerge qualche problema, è nel rapporto spesso difficile con gli strati di storia depositati sulle città. I progettisti della nuova Milano devono affrontare una Soprintendenza che spesso tende a tutelare il patrimonio in modo un po’ restrittivo: forse per la scelta di giudicare i progetti rigidamente senza valutare quanto il tessuto urbano si stia trasformando. Ad esempio ci sono vincoli molto rigorosi per le insegne delle attività e dei negozi, con norme spesso in conflitto con le esigenze della pubblicità. “Mentre è giusto vigilare e fare ordine per preservare le tracce del passato, l’ostilità reciproca”, ammette Righetti, “rischia di frenare l’evoluzione e di disperdere occasioni importanti.”