La lotta tra negozio fisico e commercio online sembra ormai superata. La vera sfida per il retail, ora, è trovare la “formula magica” per integrare queste due dimensioni nel modo più efficace possibile. Ci stanno provando giganti come Amazon e Walmart, ma non solo. Siamo andati a scovare casi interessanti e possibili ispirazioni. Ovviamente tutto a tema phygital
C’era una volta la Generazione X. Nati approssimativamente tra il 1965 e i primi anni Ottanta, la X indica una loro presunta mancanza di identità definita (rispetto ai ‘Baby Boomer’ che li hanno preceduti). Ma è a loro che dobbiamo in gran parte la nascita e la crescita di internet. Dopo la X, c’è la Generazione Y. Noti anche come Millennial, perché sono nati a cavallo degli anni Duemila, sono altamente digitalizzati e hanno un crescente potere d’acquisto. I più giovani di loro vengono chiamati anche Generazione Z. Sono i ragazzi nati dopo il 1995, che per scelta o incapacità non distinguono in modo netto il mondo reale dal loro ‘specchio’ digitale, e sono a proprio agio in entrambi. Sono definiti anche Phygital, crasi tra physical e digital. Una parola che ha almeno un altro significato, come vedremo tra poco. Generazione Y e Z sono quelle per le quali il cellulare è una specie di estensione del braccio. Lo usano per comunicare, in vari modi diversi (telefono, instant messaging, email, messaggi vocali, video, social media). Per fotografare e fare video – da condividere immediatamente con parenti, amici e follower. Per capire dove sono e come arrivare dove vogliono andare, che mezzo scegliere, che strada prendere. Per scoprire come si dice ‘ventilatore’ in tailandese, per sapere qual è il migliore ristorante di pesce di Copenhagen, per comprare su Amazon il rossetto di una marca polacca che non ha punti vendita in Italia. O per capire, dal negozio di elettronica dove si trovano, se il computer che stanno valutando di comprare si trova per caso online a un prezzo migliore. Giovani, comunicativi, con un potere d’acquisto già buono e destinato a crescere, per i brand sono i consumatori del presente, ma soprattutto del futuro. Identificarli, conoscerli, raggiungerli, interessarli e coinvolgerli è una questione di vita o di morte. Per loro, il retail sta rapidamente cambiando, anche in Italia. In direzione phygital, appunto. In questa accezione, è chiarissima la definizione che Roberto Ferrari ha dato sul blog Che Futuro! Il 28 ottobre 2013, quando era direttore generale di Che Banca!: “Ogniqualvolta un oggetto fisico sia connesso con una piattaforma digitale per diventare portatore di informazioni su cui si innescano azioni ed esperienze siamo nel phygital”. Phygital ha dunque due significati. Indica una generazione di persone per le quali mondo reale e mondo digitale si sovrappongono. E definisce l’interconnessione tra piano fisico e digitale che aumenta il significato e il valore dell’oggetto originario.
Cinquanta sfumature di phygital retail
Oggi il 90% delle vendite avviene nei negozi fisici, che rimangono saldi al primo posto delle preferenze dei consumatori; questa percentuale è però destinata a diminuire, e nel 2025 arriverà all’80% (fonte: Zebra, 2017 Global Retail Vision Study Reinventing Retail). Ma la dimensione virtuale ha un peso crescente in ogni momento del processo d’acquisto: pensiamo al web marketing, all’immediata reperibilità sul web di informazioni e recensioni dei prodotti, all’integrazione di tecnologie digitali nei negozi fisici. I modi d’acquisto stanno cambiando. Per esempio, è sempre più frequente provare i prodotti in negozio – abbigliamento, tecnologia, arredamento – e poi, dopo opportune verifiche e valutazioni, acquistarli online. Sul sito del negozio dove si sono provati, oppure su un sito concorrente che propone prezzi più bassi o condizioni migliori. In questo caso, si parla di showrooming o TOPO (Try Offline and Purchase Online). Altrettanto rilevante è il reverse showrooming o ROPO (Research Online and Purchase Offline), ovvero cercare sul web il prodotto di cui si ha bisogno, e poi acquistarlo in un negozio fisico, dopo averlo provato.
Piccolo glossario di tecnologia Tutti conosciamo gli smartphone, strumenti digitali ormai quotidiani, e per qualcuno imprescindibili. Ma siamo sicuri di conoscere tutto il resto?
- App Si chiamano app, o applicazioni, i software sviluppati per dispositivi portatili come smartphone o tablet. Per accedere alla realtà aumentata, per esempio, si usano delle app.
- AR, Augmented Reality o realtà aumentata Quando, attraverso un dispositivo digitale, i miei sensi percepiscono informazioni sulla realtà che mi circonda che senza non avrei. Questo è possibile attraverso un tag, che può essere un QR code stampato, un’immagine o una fotografia codificata, o anche un luogo (grazie al GPS). Per esempio, se inquadro con una app specifica installata sul mio smartphone la piantina di un appartamento, riesco a visualizzare sullo schermo il progetto della casa in 3D. È diversa dalla realtà virtuale perché con la realtà aumentata l’utente mantiene il contatto con il mondo reale, che vede e con il quale può interagire.
- Big Data Sono quantità di dati talmente grandi da dover essere analizzate con strumenti costruiti appositamente a questo scopo. Possono essere anche dati aggregati che provengono da varie fonti digitali: siti, social media, email, immagini, coordinate GPS, carte di credito, biglietti elettronici. Riuscire a collegarli tra loro, analizzarli e interpretarli permetterà di avere accesso a informazioni finora inimmaginabili e potenzialmente predittive del futuro.
- Chatbot Sono software che simulano una conversazione via chat (appunto), che avviene quindi (banalizzando) tra un uomo e un computer. Vengono usati, per esempio, per rispondere alle FAQ (Frequently Asked Questions, le domande più frequenti che vengono fatte all’assistenza clienti). In pratica, la prossima volta che parlerò con un operatore via chat, il mio interlocutore potrebbe essere un software. Attenzione: non si deve confondere con l’intelligenza artificiale.
- Digital signage Sono delle insegne digitali: schermi di dimensioni variabili che mostrano pubblicità o informazioni utili (piantine, orari). Possono essere anche touchscreen e quindi interattivi.
- IoT, Internet of Things, internet delle cose o internet degli oggetti Uno dei futuri possibili grazie a internet. Gli oggetti – ovvero dispositivi elettronici di ogni tipo, dai frigoriferi alle sveglie, dalle bilance alle automobili, oltre ovviamente a computer e smartphone – saranno interconnessi. La sveglia suonerà prima se c’è traffico; potremo far partire la lavatrice dall’ufficio, con lo smartphone; il frigorifero si chiuderà ermeticamente quando la bilancia avrà registrato un aumento di peso significativo… Ecco, forse quest’ultimo esempio è un po’ drastico. Ma chissà!
- VR, Virtual Reality o realtà virtuale Quando, grazie a dispositivi digitali come caschi o visori, sono totalmente immerso in un mondo virtuale diverso e parallelo alla realtà fisica. In questo caso, non ho contatto con il mondo reale, che non vedo e con il quale non riesco a interagire.
- Wearable Device o Wearable Technology Sono dispositivi digitali che si possono indossare e che funzionano grazie alla tecnologia wireless o bluetooth. Fanno parte di questo gruppo smartwatch, bracciali elettronici, visori, cardboard (che permettono di trasformare uno smartphone in un visore).
Fisico contro digitale: il caso di Walmart e Amazon
In questo campo, è emblematico lo scontro che si sta svolgendo tra i due titani del retail: Amazon, re dell’e-commerce, e Walmart, il più grande rivenditore al dettaglio del mondo. Entrambi sono consapevoli che ‘solo fisico’ o ‘solo digitale’ sono concetti superati, e che il controllo del mercato lo avrà chi riuscirà a scoprire la formula della perfetta integrazione tra online e offline. Walmart sta insidiando da anni il proprio rivale nel picking, ovvero la possibilità di ‘raccogliere’ i prodotti acquistati sul web nei punti vendita. Con i suoi 629 discount, 3.029 ipermercati, 199 supermercati e 611 grandi magazzini negli Stati Uniti (secondo i dati aggiornati a marzo 2016), non è difficile capire la portata capillare di Walmart Store Pickup. Amazon Locker è la risposta di Amazon: un sistema di ritiro dei prodotti acquistati online in migliaia di locali convenzionati in tutto il mondo. Ma l’offensiva del gigante dell’ecommerce non si ferma qui, anzi: dopo le librerie Amazon Books di Seattle e San Diego, aperte nel 2015, a dicembre 2016 è stato inaugurato il primo Amazon Go, ovvero un negozio senza cassa. Entrando, il cliente passa il proprio smartphone su un lettore. Una volta identificato, viene monitorato costantemente: tutti gli oggetti presi dagli scaffali vengono aggiunti al suo conto. Lasciato il negozio, Amazon addebita il totale sulla carta di credito. AmazonFresh Pickup, in beta testing a Seattle, prevede che l’utente ordini la spesa dalla propria app e poi la possa andare a ritirare in un negozio fisico dopo un quarto d’ora esatto, evitando le code del supermercato. Infine, per ovviare al problema degli ‘errati acquisti’ e dei costi di consegna ed eventuale reso (punto debole del commercio online), è stato lanciato negli Stati Uniti Prime Wardrobe. Come già propone Zalando, il colosso della vendita di abbigliamento online, i clienti Amazon Prime possono ricevere i vestiti ed eventualmente restituirli entro una settimana senza costi di trasporto. La novità sta nel fatto che con Prime Wardrobe si possono provare i vestiti prima di acquistarli: l’addebito viene fatto in un secondo momento. Come possiamo vedere, le possibilità di integrare online e offline sono praticamente infinite (e sembra che Amazon le voglia provare tutte!).
Experience is King
L’obiettivo, abbiamo detto, è trovare la formula perfetta per integrare spazio fisico e spazio digitale. Ma non ci sono solo Amazon e Walmart a cercarla. In questa sfida, un elemento fondamentale è la customer experience, ovvero quello che il cliente vive prima, durante e dopo l’acquisto, e – più in generale – quello che prova nei confronti del brand (brand awareness). Infatti, nel mercato B2C l’impulso all’acquisto è in gran parte emozionale. Le aziende sono in prima linea per potenziare l’esperienza del cliente coinvolgendolo in modo immersivo, stimolandone vari sensi, offrendo contenuti utili, suscitando in lui emozioni forti (che diventeranno forse ricordi). Oggi per fare tutto questo viene in soccorso la tecnologia digitale. Il resoconto Digital Trends 2015 di Microsoft identifica quattro impulsi principali che fanno sì che usiamo strumenti digitali, lasciandoci coinvolgere: esplorare il mondo attorno a noi; focalizzarci su noi stessi come individui; condividere esperienze con gli altri; appagare dei bisogni. Il digitale non è però importante solamente nella relazione con il cliente, ma anche nella gestione del negozio. Grazie a software e a tecnologie sempre più sofisticati e integrati, per esempio, si può gestire il magazzino tramite etichette con tecnologia RFID e appositi lettori. Si può trasferire l’intero processo di pagamento online, installando tablet vicino alle casse. Attraverso sistemi tecnologici integrati si possono acquisire enormi quantità di dati (big data) che riguardano la fruizione del punto vendita da parte dei clienti: tempi di permanenza nei diversi settori, prodotti che attirano più attenzione, prodotti più venduti. Per rendere l’esperienza dei propri clienti sempre più fluida, personalizzata e soddisfacente, i brand si stanno attrezzando per riconoscerli, gestirli e aiutarli fin da quando sono fuori dal punto vendita, attraverso le app corporate: per esempio, suggerendo il negozio più vicino, grazie alla geolocalizzazione.
- Beauty Sisters è un concept store di cosmetica con sede a Bordeaux lanciato nel 2016 dal Gruppo Beauty Success. È stato progettato per offrire l’esperienza di un blog digitale: nel negozio ci sono schermi che propongono beauty e makeup tutorial, video, test di nuovi prodotti, animazioni. Il wifi è ovviamente gratuito per tutte le clienti. Con il negozio è stato lanciato anche un blog (www.beautysisters.fr). Ma da qui non è possibile acquistare, per stimolare il traffico nel negozio fisico.
- Eatsa (www.eatsa.com) è una catena di ristoranti self service automatizzati che propone menu vegetariani e salutari. Diffusa negli Stati Uniti, si rivolge ai Millennial con un’esperienza d’acquisto in gran parte digitale. Il cliente ordina e paga attraverso un’app: lo può fare addirittura prima di arrivare nel punto vendita, e ottiene una percentuale di sconto maggiore sulla base della sua frequenza di acquisto. Al momento, nel punto vendita scelto, trova il proprio piatto in un armadietto trasparente dove compare il suo nome. L’app consente una perfetta profilazione del cliente, al quale vengono consigliati i nuovi piatti sulla base delle sue preferenze. Non solo i clienti sono coinvolti in prima persona, ma tutto il processo è efficiente ed economico, e il rischio di errore è minimo.
- Generali Real Estate ha sviluppato, affidandosi a Ikon e alla loro piattaforma proprietaria Virtours, un progetto in realtà virtuale per promuovere gli spazi del nuovo centro commerciale City Life, a Milano. Attraverso visori Samsung, i clienti hanno potuto vedere e visitare gli spazi ancor prima che fossero costruiti. Ovviamente accompagnati dall’agente immobiliare, che ha potuto gestire la visita e guidare i clienti grazie a un tablet.
- Pangea (www.pangea.es) è un’agenzia di viaggi molto particolare. Nei 1.500 metri quadrati del flagship store di Madrid si vendono esperienze. I clienti-visitatori possono ‘assaggiare’ quello che vivranno durante la vacanza. Ci sono 40 schermi touch per esplorare da soli, oppure si può chiedere aiuto a viaggiatori esperti. Oltre a offrire una serie di servizi accessori interessanti, tipo la consegna dei bagagli in hotel oppure il riempimento del frigo di casa il giorno del ritorno, nel punto vendita si respira un’atmosfera rilassata, anche grazie alla presenza di un bar e una libreria. I clienti possono iniziare a esplorare il sito web, per poi concludere l’acquisto nello store fisico, oppure cominciare a esplorare nello store, magari da uno dei touchscreen, e pagare online, da casa.
- Sephora, durante il Fuorisalone, ha proposto un’installazione in realtà aumentata per promuovere una nuova linea di cosmetici. All’interno dei chiostri dell’Università Statale è stata predisposta una ‘cabina trucco’. Ma al posto di un make up artist, il visitatore si è trovato davanti uno schermo con la propria immagine, che ha ‘truccato’ in tempo reale grazie a un sistema di face tracking. Scelto il makeup preferito, ha potuto registrare un video, trasmesso a distanza di pochi minuti su un maxischermo.
Questo articolo è un’anteprima di WIDE 34, in uscita in questi giorni. Se vuoi ricevere la rivista in versione cartacea abbonati ora!